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È la fervida rimemorazione di un mondo che non c’è più, il Veneto degli anni Trenta, poverissimo e assurdo, comico e allucinato, eppure più vero del vero, perché incavicchiato nella lingua dell’infanzia, l’unica capace di restituirci quello che è: dopo ci nutriamo solo dei gerghi un po’ ipocriti del bloody sussiego degli adulti, e la festa è finita.
Luigi Meneghello, Libera nos a malo, 1963