I nostri artisti (scrittori e poeti in primis) sono molto contenti di essere artisti: anche se l’implied author (cfr. Wayne C. Booth, The Rhetoric of Fiction), i narratari, i personaggi, i famosi alter ego ecc. se la passano male, a fare bella figura è sempre l’autore reale, che ha «capito tutto».
L’autore sconta il peccato originale della diegesi, cioè del passato remoto, come disse a suo tempo Barthes (Il grado zero della scrittura):
«Dietro il passato remoto si nasconde sempre un demiurgo, dio o narratore; il mondo non è inspiegabile quando lo si narra, ciascuno dei suoi accidenti è circostanziato [...]. Il passato remoto è dunque in fondo l’espressione di un ordine e conseguentemente di un’euforia. Esso fa sì che la realtà non sia né misteriosa né assurda, ma chiara, quasi familiare; raccolta ogni momento e contenuta nella mano di un creatore, essa subisce l’ingegnosa pressione della sua libertà.
[...] Il passato narrativo fa dunque parte di un sistema di sicurezza delle Belle Lettere [...]; è una falsità palese; esso delinea il campo di una verosimiglianza che svela il possibile nel momento stesso in cui lo indica come falso».
L’autore sconta il peccato originale della diegesi, cioè del passato remoto, come disse a suo tempo Barthes (Il grado zero della scrittura):
«Dietro il passato remoto si nasconde sempre un demiurgo, dio o narratore; il mondo non è inspiegabile quando lo si narra, ciascuno dei suoi accidenti è circostanziato [...]. Il passato remoto è dunque in fondo l’espressione di un ordine e conseguentemente di un’euforia. Esso fa sì che la realtà non sia né misteriosa né assurda, ma chiara, quasi familiare; raccolta ogni momento e contenuta nella mano di un creatore, essa subisce l’ingegnosa pressione della sua libertà.
[...] Il passato narrativo fa dunque parte di un sistema di sicurezza delle Belle Lettere [...]; è una falsità palese; esso delinea il campo di una verosimiglianza che svela il possibile nel momento stesso in cui lo indica come falso».