venerdì 21 marzo 2008

Odi profanum

«La linea divisoria non passa più, come opinava Marx, fra la borghesia capitalistica, detentrice dei mezzi di produzione, e il proletariato sfruttato, padrone soltanto della sua forza lavoro, bensì appunto fra coloro che lavorano per mandare avanti il paese e la massa ormai sterminata, e squisitamente parassitaria, degli ineffabili “intellettuali contro”. Quanto estesa è oggi questa massa?
Ne fanno parte, ormai, tutti insieme appassionatamente affratellati dalla coscienza di appartenere a un unico grande “popolo contro”,
  • sciami di guru universitari,
  • plotoni di magistrati decisi a estirpare la corruzione dal mondo,
  • caterve di giornalisti omelisti spesso per giunta imbucati in giornali fuori mercato e perciò stipendiati coi contributi statali,
  • torme di teletribuni con la smania del predicozzo,
  • battaglioni di pagliacci videologici,
  • ronde di letterati di regime,
  • mandrie di mantenuti del cinema e del teatro assistiti,
  • mazzi di simil-artisti foraggiati dalle istituzioni,
  • turbe di cantautori e rocchettari col pallino del messaggio, armate di funzionari e di guitti di ogni ramo dell’industria dell’entertainment,
  • nugoli di stilisti e di top model con l’uzzolo dell’impegno,
  • falangi di preti e di frati d’assalto in guerra col capitalismo,
  • stormi di suore che credono nella piazza,
  • pellegrini del turismo antiglobale,
  • frotte di criminalucci col cruccio delle colpe della società e della famiglia,
giù giù fino alle truppe acquartierate nei centri sociali, che sono poi le avanguardie di un vasto sottoproletariato intellettuale impegnato a tempo pieno - fra canne, sniffate, buchi e magari un mix di spaccio e scippo - in una ricchissima gamma di attività culturali tutte più o meno centrate intorno allo studio di questioncelle locali come il destino dell’universo e l’organizzazione di guerricciole urbane a base di teste spaccate, vetrine infrante, vetture incendiate, città devastate e scatole altrui fracassate.
Lo spessore intellettuale e morale di questi angioletti “contro” non deve essere comunque sottovalutato. Essi infatti sono in fondo gli ultimi e più coerenti fautori del nobile miraggio originario dell’intellettuale di sinistra: non saper niente e impicciarsi di tutto, non saper fare niente e voler cambiare tutto, non amare niente e anelare a distruggere tutto. E questo è forse il motivo profondo per cui la sinistra neo e post comunista non potrà rinunciare a intrattenere un legame più o meno organico con queste nuovissime turbe dei nullafacenti spaccatutto».

Ruggero Guarini