giovedì 11 gennaio 2007

Tracy

Biografie e autobiografie. Scrive Foster Wallace, dopo la deludente lettura della autobiografia di Tracy Austin (Beyond Center Court: My Story, William Morrow & Co, 1992): «è questo, per me, il vero mistero: se una persona del genere sia un'idiota o una mistica o entrambe e/o nessuna delle due. La sola certezza pare essere che una persona del genere non produce una bella autobiografia in prosa. Forse questo semplice fatto empirico è il modo migliore per spiegare come sia possibile che la vera storia di Tracy Austin sia così avvincente e rilevante e che il suo resoconto verbale di tale storia non sia nemmeno vivo. Questo potrebbe anche, nell'iniziare a trattare le differenze di comunicabilità fra pensiero e azione e fra azione ed essenza, fornire la chiave per capire come mai le autobiografie dei grandi atleti sono al tempo stesso così seducenti e così deludenti per noi lettori. Com'è spesso la procedura standard con la verità, c'è un paradosso crudele implicito. Potrebbe essere benissimo che noi spettatori, privi dei doni divini degli atleti, siamo gli unici a essere davvero in grado di vedere, esprimere e animare l'esperienza del dono a noi negato. E che coloro i quali ricevono e mettono in pratica il dono del genio atletico debbano, di necessità, essere ciechi e muti al riguardo, e non perché la cecità e il mutismo siano il prezzo di quel dono, ma perché ne sono l'essenza».
(D. Foster Wallace, Considera l'aragosta, p. 168)