venerdì 14 dicembre 2007

Good morning Italy

In a Funk, Italy Sings an Aria of Disappointment

By Ian Fisher

"New York Times"

13 dicembre 2007

Tutto il mondo ama l’Italia perché è antica ma ancora affascinante. Perché si mangia e si beve bene, ma raramente si è grassi o ubriaconi. Perché è un posto, in un’Europa iper-regolamentata, dove le persone discutono veramente con grande acutezza ciò che, in realtà, potrebbe significare il rosso del semaforo.
Ma in questi giorni, al di là di ogni adorazione e di tutti i suoi
innati punti di forza, l’Italia sembra non amarsi per niente. Qui la parola è malessere [in italiano nel testo], cioè “malaise”, che significa angoscia collettiva - economica, politica e sociale - riassunta da un recente sondaggio: gli italiani, nonostante la loro pretesa di possedere l’esclusiva della dolce vita, dicono di essere gli abitanti meno felici dell’Europa occidentale.
“È un paese che ha perso un po’ della sua fiducia nel futuro”, ha osservato Walter Veltroni, sindaco di Roma e probabile primo ministro di un nuovo centro sinistra. “C’è più paura che speranza.”
I problemi sono, per la maggior parte, tutt’altro che nuovi - e questo è il problema. Essi hanno semplicemente occupato l'Italia nel corso di molti anni, e a nessuno sembra chiaro come si possa cambiare - oppure se non sia più possibile farlo.
L'Italia ha seguito una sua strada per entrare in Europa, lottando come pochi altri paesi con la sua politica litigiosa, la crescita incostante, la criminalità organizzata e un sentimento debole di nazione. La frustrazione rivela che questi vecchi punti deboli non sono spariti, e che in qualche caso sono peggiorati, come il fatto che il resto del mondo cammini più velocemente del paese. Nel 1987 l’Italia aveva festeggiato la sua parità economica con la Gran Bretagna. Ora la Spagna, che ha aderito all’Unione europea solo un anno prima, potrebbe superarla, e l’Italia è dietro la Gran Bretagna.
Il modello di vita low-tech può incantare i turisti, ma gli indici di utilizzo di Internet e del commercio elettronico sono tra i più bassi di Europa, così come gli stipendi, gli investimenti esteri e la crescita. Le pensioni, il debito pubblico e il costo dell’amministrazione pubblica sono invece tra i più alti.
Gli ultimi dati fanno riferimento una nazione più vecchia e più povera, al punto che il suo vescovo più importante ha proposto di incrementare i pacchi di cibo per i poveri.
Peggio ancora, sta crescendo la preoccupazione che i punti di forza dell’Italia stiano diventando i punti deboli. Le piccole e medie imprese a conduzione familiare, per molto tempo la spina dorsale della nazione, stanno lottando a fatica con l’economia globalizzata, soprattutto con i bassi salari e la concorrenza proveniente dalla Cina.
Nubi nere si addensano anche sulla famiglia: il 70% degli italiani tra i 20 e i 30 anni vive a casa dei genitori, condannato a una adolescenza sempre più lunga e meno produttiva. I più brillanti, come i poveri di un secolo fa, lasciano l’Italia.
La posta in gioco è così alta che Ronald Spogli, ambasciatore americano che conosce l’Italia da quaranta anni, avverte che l’Italia rischia una diminuzione del suo prestigio internazionale e delle relazioni con Washington. I migliori amici dell’America sono i business partner e l’Italia non è tra i più importanti. La burocrazia e le regole poco chiare hanno portato gli investimenti USA in Italia a soli 16,9 miliardi di dollari nel 2004, mentre in Spagna erano 49,3 miliardi.
“È necessario potare l’edera che è cresciuta attorno a questo incredibile albero di 2500 anni e che minaccia di soffocarlo”, ha detto Mr. Spogli.
Ma le interviste con possibili primi ministri, uomini d’affari, accademici, economisti e altri italiani suggeriscono che la ragione decisiva di questo malessere sembra essere la sensazione che ci sia poco da sperare che l’edera possa essere tagliata, e ciò rende gli italiani tristi e arrabbiati insieme.
Basta! Basta! Basta!” [in it. nel testo] ha strillato Beppe Grillo, 59 anni, comico e blogger, con il suo parruccone di capelli grigi. La parola significa “enough”, e l’ha ripetuta per dare un’idea precisa della sua opinione sulla classe politica italiana.
Negli ultimi mesi Grillo è diventato la nitida personificazione dell’esasperazione italiana. L’8 settembre ha dato voce a questa indignazione, quando ha organizzato una manifestazione di protesta, per urlare in Piazza Maggiore a Bologna un’oscenità che, educatamente tradotta, suona come “Andatevene!”.
Erano previste poche migliaia di persone. Ma hanno affollato la piazza in 50.000, e 250.000 hanno firmato una petizione per le riforme, come il mandato a termine e l’elezione diretta dei parlamentari. (Ora gli elettori votano solo i partiti, che poi scelgono i parlamentari, senza il consenso degli elettori).
Il suo messaggio è stato di dire basta alla fannullaggine e ai lussi (i parlamentari italiani sono i più pagati d’Europa, scorrazzati dalla più grande flotta di auto blu del continente), di dire basta ai condannati in Parlamento (ce ne sono 24), basta alle solite vecchie facce.
“La situazione è marcita, grida, il fetore esce dalle fognature, si diffonde in giro e non si può sopportare”.
Grillo si appoggia alla sinistra, ma non risparmia nessuno nei suoi show affollatissimi e nel suo seguitissimo blog. Il problema, dice, è il sistema stesso.
È qui il collegamento tra il sistema politico sbagliato di un paese e il peggioramento dell’umore. L’economista italiana Luisa Corrado ha condotto una ricerca per l’Università di Cambridge, che ha rivelato che gli italiani sono i più scontenti delle popolazioni europee. I ricercatori hanno messo in relazione le differenze nella soddisfazione dichiarata tra i paesi segnalati con alcuni fattori sociodemografici e politici, tra cui la fiducia nel mondo attorno a loro, non ultima quella nel governo.
In Danimarca, la nazione più soddisfatta, il 64% delle persone ha fiducia nel Parlamento, in Italia il 36%. “Purtroppo abbiamo trovato che la fiducia nella società civile è un po’ in calo” in Italia, ha detto Luisa Corrado.
Due libri popolari, che hanno dato la stura a mesi di polemiche, colgono la sfiducia nei grandi poteri che non possono essere controllati. Uno, La casta, un milione di copie vendute (in una nazione in cui 20.000 copie fanno best seller) ha illustrato le colpe della classe politica e come sia diventata privilegiata e irresponsabile. Neanche la Presidenza della Repubblica, una volta al di sopra della mischia, è stata risparmiata: il bilancio parla di un costo annuale di 328 milioni di dollari, quattro volte Buckingham Palace.
L’altro libro, Gomorra, che ha venduto 750.000 copie, riguarda la malavita di Napoli, la camorra. I politici, sostiene il libro, consentono alla camorra di prosperare, mantenendo il ritardo del sud d’Italia più povero, e alla criminalità organizzata, secondo un recente studio, di essere la più redditizia attività economica dell’area.
Questi sono i vecchi problemi dell’Italia, ma Alexander Stille, professore alla Columbia University e conoscitore dell’Italia, sostiene che questo momento è diverso. Finché l’economia si è sviluppata, dal 1950 al 1990, gli italiani hanno tollerato il malcostume dei loro leader. Ma la crescita ha rallentato negli ultimi anni, e la qualità della vita sta peggiorando. Le statistiche indicano che l’11% delle famiglie italiane vive sotto il livello di povertà e che il 15% ha difficoltà ad arrivare a fine mese con il proprio stipendio.
“Il livello di malcontento è alto perché prima era più facile cavarsela
”, ha osservato Alexander Stille. “Ora la vita è più dura”. Gli italiani raramente collegano il gruppo attuale dei loro invecchiati leader politici con la capacità di cambiare. Sono le stesse persone ad essersi scambiati le poltrone per più di un decennio. L’anno scorso Silvio Berlusconi, l’uomo più ricco d’Italia, che divenne Presidente del consiglio per la prima volta nel 1994, ha perso per non aver mantenuto le sue promesse sulla crescita di tipo americano e sulle carriere basate sul merito. Quando ha lasciato la carica, la crescita economica è stata pari a zero.
Tuttavia è risultato chiaro che sbarazzarsi del centro destra e di Berlusconi non sarebbe stata la cura miracolosa. Romano Prodi, che è stato Presidente del consiglio dal 1996 al 1998, ha vinto, ma è imbrigliato da una debole coalizione di nove partiti litigiosi. Ha promesso delle liste impeccabili, ma la sua riottosa coalizione di centrosinistra ha deluso con il suo primo atto simbolico: il suo governo aveva 102 ministri e sottosegretari, un nuovo record. Ha introdotto due importanti pacchetti di riforme, e l’economia è in crescita. “La nostra non è una situazione felice, ma è meglio di prima”, ha detto.
Ma il governo è già caduto una volta e rischia di cadere di nuovo ad ogni votazione difficile. Caute riforme provocano manifestazioni di piazza, un ostacolo ad introdurre modifiche, visto che i settori protetti dell’economia cercano accanitamente di tutelarsi. I farmacisti quest’anno hanno scioperato quando il governo ha minacciato di consentire ai supermercati di vendere l’aspirina. Il costo in farmacia di sole 20 compresse di aspirina è di $ 5,75.
La misura è passata, ma il governo è in gran parte paralizzato. Gli elettori sono stanchi, e i nemici di Prodi lo sanno.
“Capisco il cattivo umore, il malessere”, ha detto Gianfranco Fini, leader di Alleanza Nazionale, il secondo più grande partito di opposizione. “La gente si sta arrabbiando sul serio perché il governo non fa niente”.

The Generational Divide

“È triste vedere che le cose non vanno come dovrebbero, che non siamo un paese normale”, ha detto Gianluca Gamboni, 36 anni, consulente finanziario a Roma, riassumendo cosa pensa dell’Italia, che ama, ma che lo fa ammattire.
A differenza delle generazioni più anziane lui viaggia, e si accorge di quanto sia più facile lavorare altrove. Non risparmia se stesso: vive ancora con i suoi genitori, non perché lo voglia, ma perché solo ora, dopo sette anni di lavoro, può affrontare gli affitti carissimi di Roma. Ora finalmente sta pensando di metter su casa. Gianluca Gamboni appartiene alla parte più giovane del generational divide dell’Italia – un osservatorio dal quale si possono focalizzare molti dei problemi del paese. Si tratta di una delle risorse sotterranee, facilmente trascurabili in un primo momento, ma che, messe insieme, rendono molto evidente in che modo l’Italia sia cambiata nel corso degli ultimi decenni e quanto poco sia stato assimilato il cambiamento.
Per oltre un secolo, fino agli anni settanta, 25 milioni di italiani hanno espatriato in cerca di una vita migliore altrove. Ora, l’Italia è la patria di 3,7 milioni di immigrati. Il prestigio della Chiesa cattolica è in diminuzione, ed è passata da pilastro culturale a gruppo di potere.
Politicamente, l’Italia non sembra si sia adattata alla fine, nel 1992, della DC, che ha governato per più di 40 anni. Economicamente, tempo addietro era facile risolvere i problemi con la svalutazione della moneta, la lira. Che è ormai impossibile con l’euro, il che ha aumentato i prezzi, in particolare delle abitazioni.
Poi c’è la famiglia. Il tasso di divorzi è aumentato. Le famiglie numerose sono un fenomeno del passato. L’Italia ha uno dei più bassi tassi di natalità d’Europa, il minor numero di bambini al di sotto dei 15 anni e il maggior numero di persone oltre gli 85, ad eccezione della Svezia. Il tasso di disoccupazione è basso, al 6 per cento. Ma il 21 per cento della popolazione tra i 15 e i 24 anni non ha lavorato nel 2006. E i vecchi non lasciano la presa.
Le prove di un’Italia invecchiata sono dovunque. Nei parchi gruppi di vecchie signore bamboleggiano con un unico bambino. In televisione le star sono piene di rughe. (L’età media dei presentatori dell’ultima edizione di Miss Italia è stata di 70 anni. La vincitrice, Silvia Battisti, ne aveva 18.) Nella sfera politica, Prodi ha 68 anni, Berlusconi 71.
“Il problema generazionale è il problema italiano”, ha detto Mario Adinolfi, 36 anni, blogger e aspirante deputato. “In ogni paese i giovani hanno fiducia. Qui in Italia non vi è più alcuna speranza. La tua mamma ti tiene in casa tranquillo e asciutto, e tu rimani lì e non ti dai da fare. E se non si lotta, è impossibile sottrarre il potere a qualcuno. Noi non abbiamo Google”, ha aggiunto. “Non possiamo immaginare che in Italia uno di 30 anni apra un’attività in un garage”.

Selling a Notion of Italy

In settembre, la notizia che circolò in una casa di giovani romani, tra una birra e uno spaghetto, fu che il tenore Luciano Pavarotti, probabilmente il più famoso italiano del mondo, era morto. “Dannazione!” ha strillato Federico Boden, 28 anni, studente. “Ora ci restano solo la pasta e la pizza!"
Italia non pare più brillare, come ha fatto un tempo, per grandezza. Non c’è alcun nuovo Fellini, Rossellini o Loren. Il suo cinema, la televisione, l’arte, la letteratura e la musica sono raramente considerati all’avanguardia.
Però ha la Ferrari, la Ducati, la Vespa, Armani, Gucci, Piano, Illy, il Barolo - tutti i simboli di stile e di prestigio. Ciò che è tipico dell’Italia, e molti ritengono che il futuro risieda nel fascino del marchio depositato nel “made in Italy”.
Il vino italiano è stato uno dei primi test. I produttori si sono convertiti con successo dalla broda di quantità alla qualità. Illy, l’azienda di caffè, si è sviluppata combinando qualità e tradizione con l’innovazione nei metodi e un buon marketing. “Qui è dove gli italiani sono vincenti”, ha detto Andrea Illy, il presidente della società. “Valorizzare i tuoi punti di forza, che sono la bellezza e la cultura”.
Ma l’industria italiana dipendeva dai bassi salari, che l’hanno resa vulnerabile alla concorrenza proveniente dalla Cina, quando il costo del lavoro è salito. Gli allarmi hanno iniziato a suonare anni fa, con i timori che molte delle imprese tradizionali dell’Italia - tessile, scarpe, vestiti - non potessero competere. Molte non ce l'hanno fatta. In Friuli Venezia Giulia, capitale dell’industria delle sedie, il numero di costruttori di sedie è sceso da 1200 a circa 800. “In un primo momento hanno pensato che questa fase sarebbe passata”, ha detto Massimo Martino, direttore di Maxdesign, un’azienda di mobili. “Ma, in realtà, molte imprese hanno chiuso fondamentalmente perché il mercato non aveva più bisogno di loro. Non vogliono cambiare”.
Alcune aziende hanno raccolto la sfida. Il legno è stato il principale materiale, ma Martino ha cominciato a creare sedie, per la maggior parte di plastica, ben progettate e poco costose. Altri hanno deciso che competere sul prezzo contro la Cina fosse impossibile e che l’obiettivo dovess
e essere la qualità e l’unicità italiane, qualcosa che la Cina non può fare.
Pietro Costantini, che dirige un’azienda di mobili alla terza generazione, ha detto di aver iniziato a concentrarsi non solo sulla fascia alta – costruisce grandi mobili per americani facoltosi - ma anche sulla creazione di linee che vendono lo stile di vita italiano. I clienti stanno ritornando.
Ma gli imprenditori si lamentano del fatto che sono isolati. I politici fanno ben poco per incrementare la competitività italiana, e questo resta il più grande ostacolo per far crescere i loro profitti. Le imprese vogliono meno burocrazia, più leggi sul lavoro flessibile e grandi investimenti in infrastrutture per rendere più facile il trasporto delle merci. “Ora è il momento di cambiare”, ha detto Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fiat, della Ferrari e dell’influente Confindustria. “Se no, perché stiamo scendendo in tutte le classifiche di competitività? Il motivo è che, nella migliore delle ipotesi, ci siamo bloccati”.
Non è chiaro se questa strategia del made in Italy sarà sufficiente. Gli scettici obiettano che gli investimenti stranieri, la ricerca, i fondi per lo sviluppo e il denaro investito dai venture capitalists rimangano troppo bassi, come la competitività dell’Italia. Ma gli imprenditori sono una brillante eccezione in un paesaggio con poche altre. Alcuni sostengono che la giovane generazione è un’altra soluzione, se non adesso, quando quelli che sono al potere non ci saranno più. È istruita, ha girato il mondo e, come fa Beppe Grillo per attirare il suo popolo, utilizza Internet.
Due partiti del centrosinistra si sono fusi per dar vita al Partito democratico, creato per superare la paralizzante frammentazione del sistema. Tutte i partiti hanno infine concordato che deve essere votata una nuova legge elettorale per dare respiro al vincitore delle prossime elezioni - cruciali per ottenere grandi cambiamenti.
Ma l’individuazione dei problemi è solo il primo passo. Molti temono, nel frattempo, che l’Italia possa condividere lo stesso destino della Repubblica di Venezia, basandosi sul fatto che molti la considerano la più bella città del mondo, ma il cui dominio degli scambi commerciali con il vicino oriente finì senza toccare l'apice. La conquista di Napoleone nel 1797 fu solo la ratifica ufficiale. Ora è essenzialmente un bel cadavere, calpestata da milioni di turisti. Se l’Italia non abbandona la sua pigrizia per darsi una mossa, sostengono in molti, la attende un destino simile: paralizzata dalla antica grandezza, con turisti pensionati come incerta fonte di reddito, insomma la Florida d’Europa.
“Il malessere è: ‘Capisco tutto questo, ma non c’è nulla che possa fare per cambiarlo’, ha osservato Beppe Severgnini, editorialista del “Corriere della sera”. Ma, ha soggiunto, “cambiare atteggiamento significa cambiare singoli atteggiamenti: rifiutando alcuni compromessi, pagando le tasse, non elemosinando favori quando sei in cerca di un lavoro, non barando quando tuo figlio sta cercando di essere ammesso all’università.”
“Questa è la cosa più difficile”, ha osservato. “Abbiamo raggiunto un punto in cui la speranza che un qualche cavaliere bianco venga a dirci, ‘Sistemeremo le cose noi!,’ è finita. Noi italiani abbiamo il destino nelle nostre mani oggi più che mai”, ha concluso.